Che cosa c’entra con il vecchio villaggio di Nuraxi, direte voi!
Beh, probabilmente più di quanto crediamo.
Il nome Auria, di origine probabilmente latina, significherebbe vento. Fu usato anche da parecchie famiglie nel sud Italia, ma l’origine di tale cognome rimane comunque incerta. Mutato nel tempo in varie forme, tra cui Doria, Dora, De Auria e Auria Sardi, pare che fosse un nome conosciuto in Sardegna. Nella zona tra Trexenta e Marmilla, infatti, dalle parti di un piccolo paesino chiamato Furtei, si racconta che anticamente Sant’Auria fosse la protettrice di un antico villaggio, ormai distrutto, scomparso o invaso dalle acque in un periodo impreciso della storia, riportato poi alla luce grazie agli scavi fatti decenni fa durante la costruzione delle condotte dell'irrigazione nell’area di Furtei. In quell’occasione, pare, vennero ritrovati moltissimi reperti dai lavoratori del posto e, nelle vicinanze, fu ritrovato persino un nuraghe sotterrato, da cui prendeva il nome l’intera zona, chiamata appunto Nuraxi.
Alcuni racconti, tramandati dagli abitanti, rendono questo un luogo intriso di magia e mistero, dove la linea sottile tra ricordi e leggende si mischia all’odore di uliveti e macchia mediterranea che si erge tra le colline.
Furtei, paese di origine medioevale, pare sia sorto proprio ai piedi di quell'antico villaggio, un tempo situato nella zona collinare ora chiamata “Santu Miali”. Si narra che gli antichi abitanti di Nuraxi, una dinastia che affondava le sue radici sin del periodo nuragico, rischiando di scomparire per via delle pestilenze dei secoli bui, non si arresero al loro atroce destino e, spinti dalla loro voglia di vivere e protetti dalla dea Auria, si organizzarono, raccolsero i loro pochi averi e partirono raggiungendo una vallata attraversata da un guado d’acqua cristallina in cui decisero di costruirvi intorno le proprie abitazioni. Queste genti spinte però dalla povertà e dalle difficoltà sostenute, divennero dei briganti che, per sopravvivere, saccheggiavano i villaggi vicini. Da questa sua antica fama pare nasca l’attuale nome, Furtei, da furto appunto. Nome che però non si addice più al carattere caloroso della sua popolazione, impegnata sin da giovane a rendere il proprio paese accogliente e ospitale, ricco di attività culturali e di feste tradizionali legate al vecchio calendario agro-pastorale.
Come detto, durante i secoli l’antico villaggio di Nuraxi scomparve e l’unico edificio che rimase intatto fu proprio la vecchia chiesetta campestre di San Biagio, ora ristrutturata, su cui pare vi fosse custodita la statua di Sant’Auria e in cui aleggiano leggende dall’aria sinistra, come quella della vecchia filatrice. Si narra infatti che, nel periodo della pestilenza, un’anziana donna lavorasse al telaio una copertina per il suo figlioletto gravemente malato. Quando il lavoro era quasi giunto al termine il bambino morì e la madre, disperata, si rifiutò di mangiare continuando a passare il resto dei suoi giorni davanti al telaio. Si dice che il suo spirito ancora oggi vaghi nella collina che sovrasta la chiesetta e che, durante i giorni dei festeggiamenti dedicati a San Biagio, usi il suo telaio cantando una dolce melodia udibile sono dai bambini che ancora non sono in grado di parlare.
Ritornando a Sant’Auria è purtroppo ormai un ricordo affievolito dal tempo, nelle menti degli abitanti, che rischia di scomparire proprio come l’antica statua in suo onore che, pare, fosse custodita nella chiesetta antica e che ormai le genti del posto ricordano appena, ormai scomparsa da diversi decenni.
Come per ogni leggenda che abbraccia la Sardegna, trasmettendoci un’immagine romantica e misteriosa di quella che è considerata terra antica più degli antichi, il mio pensiero che ad ogni racconto riportato dagli anziani ci sia un fondo di verità mi fa ipotizzare che proprio la filatrice, con il suo canto fatato udibile solo da esseri puri e innocenti, non sia altro che Auria, l’ancestrale dea del vento, santificata poi durante il cattolicesimo per preservarne la reminiscenza di protettrice dell’antico villaggio Nuraxi, ma demonizzandone l’aurea di Jana filatrice con leggende ispirate alla morte e al mondo degli spiriti tipiche del periodo medievale, con cui erano soliti terrorizzare le genti con lo scopo di tenerle lontane da luoghi legati a culti atavici di un’antica religione di tipo pagano.
Ad ogni modo la gente del posto continua, ogni anno, a recarsi nella vecchia chiesetta di San Biagio, respirando l’aria di quel luogo ricco di energia mistica, memore della propria storia antica che non va dimenticata.
Jana Sylvié